
«Siamo vicini al momento di una concreta valorizzazione delle competenze specialistiche, anche alla luce anche del Patto della salute attualmente all’attenzione dei presidenti di Regione e illustrato a grandi linee il 25 giugno in Senato dal ministro Lorenzin. Una valorizzazione formalmente definitiva, contrattualmente riconosciuta, in grado di rompere l’asimmetria esistente, le logiche che ancora prevalgono in ospedali e strutture di assistenza dove ogni giorno lavoriamo. Un argine, insomma, alla deriva economicistica in atto; una concreta possibilità di espressione di tutte le nostre potenzialità assistenziali e culturali. Tutto ciò per essere sempre più risorsa strategica per la tenuta di un sistema che possa essere impostato sull’universalismo, sulla solidarietà sociale, sull’equità distributiva e sulla qualità ed efficacia». È quanto ha detto lo scorso 27 giugno la Presidente della Federazione Ipasvi a Bologna in occasione della VII Conferenza nazionale Ipasvi dedicata alla questione delle competenze specialistiche. A spiegare la dizione di “’infermiere specialista”, spesso fonte di equivoco, è stato il vicepresidente della Federazione Gennaro Rocco: «Alcuni colleghi pensano di infatti che tutto ciò significhi dover aggiungere nuovi compiti senza evidenti vantaggi; i medici, dal canto loro, temono che vengano erose aree di intervento considerate finora esclusive. Quando parliamo di competenze specialistiche non pensiamo certo all’aggiunta nelle funzioni infermieristiche di qualche attività tecnica, compito o prestazione sinora di competenza di altre professioni. Il mansionario l’abbiamo definitivamente superato dal 1999! Parliamo invece – ha precisato Rocco – di un professionista che in base all’esperienza acquisita e a seguito di percorsi di studio specifici, è capace di assumere decisioni complesse nell’ambito del processo assistenziale e di esercitare competenze clinico assistenziali di tipo specialistico».