
La nomina a Roma in occasione del 116° Congresso Nazionale della Società. Nel suo programma alleanze con le altre specialità e comunicazione con il paziente.
Ultimo giorno dei chirurghi italiani a Congresso, ieri alle 18.00 Francesco Corcione, Direttore del Dipartimento di Chirurgia Generale e del Centro di Chirurgia Laparoscopica e Robotica avanzata dell’Ospedale Monaldi di Napoli ha assunto le redini della Società Italiana di Chirurgia (Sic). Da oggi quindi diventa operativa la sua presidenza, la prima di un chirurgo ospedaliero e napoletano. L’elezione è avvenuta nel corso del 116mo Congresso Nazionale in corso a Roma e che ha visto la presenza di oltre 1.500 chirurghi provenienti da tutta Italia. «È per me motivo di orgoglio e onore assumere questa presidenza che prima di me ha visto protagonisti i più grandi nomi della chirurgia italiana. Sono altresì felice di essere il primo chirurgo ospedaliero del Sud. Il mio programma per i prossimi due anni è molto nutrito, intenso, mi attende un grande lavoro, specialmente per riportare alla ribalta l’autorevolezza della professione chirurgica, trascurata negli ultimi anni e rimettendo al centro questa figura professionale non solo dei problemi ma anche dei processi decisionali della sanità. Desidero creare un nuovo dialogo con istituzioni e media, di collaborazione reciproca e ho ben chiara la necessità di instaurare su nuove basi una alleanza con tutte le altre professioni sia mediche che sanitarie. La chirurgia non è una torre d’avorio ma una disciplina a stretto contatto con pazienti e territorio che ha però peculiarità e criticità uniche. Parte del mio mandato sarà quindi dedicato a riproporre la chirurgia come un atto medico con tutti i suoi limiti, che può essere migliorato ma che non ha caratteristiche di infallibilità. Ritengo che riorganizzare le dinamiche di dialogo con i pazienti e i familiari potrà aiutare a diminuire le denunce che interessano l’80% dei chirurghi. Dobbiamo riscrivere le regole di questo rapporto e sono intenzionato a farlo con l’aiuto di tutti, al momento abbiamo forse delegato troppo ad un modulo di consenso informato». «Le tecnologie hanno modificato il ruolo del chirurgo e le novità sono continue, paradossalmente però la sfida formativa è stata quella che all’inizio degli anni ’90 ha cambiato il paradigma di approccio al paziente avvenuto la chirurgia laparoscopica. L’avvento della robotica in sala operatoria è un ulteriore perfezionamento perché permette movimenti rotatori sino a 360° e prensili prima impensabili» spiega Pasquale Berloco, Direttore del Dipartimento di Chirurgia Generale e Trapianti D’Organo del Policlinico Umberto I di Roma «Si tratta di una chirurgia avanzata, costosa ma che è già diventata il ‘gold standard’ per alcuni interventi, dalla prostata alla chirurgia del retto, da quella pelvica a quella cardiaca e vascolare. È opportuno valutarne l’uso corretto e usarla per gli interventi per i quali presenta un indubbio beneficio, altrimenti sarebbe come usare una Ferrari per andare a fare la spesa al supermercato sotto casa. Quindi ‘necessità o lusso’? Necessità ad esempio nel prelievo di rene da vivente per un trapianto, per le patologie benigne dello stomaco o i calcoli della colecisti, mentre se la colecisti la dobbiamo asportare non abbiamo bisogno di una simile precisione e di uno strumento così raffinato». Intanto nelle sale del Congresso si è discussodi temi altrettanto scottanti, ad esempio la formazione, come sottolinea Giorgio De Toma, Presidente uscente della SIC: «Dobbiamo affrontare al più presto una revisione delle scuole di specializzazione italiane in modo che al termine del percorso di studi i nostri giovani possano ambire ad una certificazione internazionale. Le facoltà di medicina poi devono essere organizzate secondo criteri di meritocrazia e preparazione scientificamente adeguata e a seguire dare indicazioni alle scuole di specializzazione dei posti disponibili a breve e medio termine. Abbiamo bisogno che gli specializzando siano formati anche all’utilizzo delle nuove e nuovissime tecnologie in modo da essere equiparati ai loro colleghi europei. Il Ministero della Salute quindi dovrà investire per permettere una distribuzione paritaria delle tecnologie nelle varie Regioni affinché tutti abbiano le stesse possibilità di apprendimento». Durante il Congresso si è parlato anche di uno dei punti dolenti della medicina: il rischio professionale e il contenzioso medico-legale: «Ha raggiunto livelli insopportabili» sostiene Pierluigi Marini, Direttore della UOC di Chirurgia Generale 1 all’Ospedale San Camillo di Roma: «questo fenomeno ha provocato negli anni il ricorso alla ‘medicina difensiva’ che costa allo Stato tra i 10 e i 13 miliardi di Euro, pari ad un punto del PIL. Ma soprattutto sta provocando un allontanamento progressivo dei giovani dalla professione, costretti a pagare polizze assicurative insostenibili porta i nostri giovani chirurghi a lavorare con pressioni elevatissime e a pensare di lasciare l’Italia».