
Tecnica innovativa per curare l’anoressia nervosa presso la Struttura di Psichiatria delle Molinette. Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione Crc e ha trovato la collaborazione nel dipartimento di Salute Mentale dell’Asl CN1.
Un campione di dieci soggetti (6 appartenenti al territorio dell’Asl CN1) affetti da disturbi alimentari, precisamente da anoressia nervosa, sono stati sottoposti dal Centro Esperto Regionale per Disturbi del Comportamento Alimentare delle Struttura di Psichiatria delle Molinette a una ricerca-intervento di stimolazione magnetica transcranica, il primo studio al mondo che utilizza una tecnica non invasiva, alternativa a un intervento neurochirurgico, per migliorare una malattia difficile da curare. Lo studio è stato finanziato dalla Fondazione Crc e ha trovato la collaborazione nel dipartimento di Salute Mentale dell’Asl CN1. «Le difficoltà – spiega Secondo Fassino, direttore della Struttura delle Molinette e Ordinario di Psichiatria all’Università di Torino – dipendono dal fatto che l’anoressia rappresenta una sofferenza molto profonda della famiglia, in un caos di comunicazione che interessa il soggetto sin dal cosiddetto periodo di attaccamento, cioè dai primi anni di vita. Nell’anoressia, la malattia psichiatrica e dell’adolescenza in cui si muore di più, c’è una forte resistenza nelle pazienti, incerte tra la volontà di farsi curare e quella di non farsi curare, che rende difficile la terapia. Questa resistenza a trattamenti ha pesanti ripercussioni sulla qualità della vita di molte famiglie, sui costi della sanità pubblica e comporta perdita di notevole entità in termini di capitale sociale». All’Asl Cuneo 1 c’è un centro dedicato ai disturbi alimentari. Francesco Risso, direttore della Struttura di Psichiatria di Cuneo e Mondovì e del dipartimento di Salute Mentale dell’Asl: «Abbiamo un centro molto attivo, con 200 pazienti, distribuiamo ogni anno 800 pasti assistiti, con la collaborazione di un’équipe della Nutrizione Clinica del S. Croce ed effettuiamo sedute di psicoterapia con la Psicologia dell’Asl. Siamo soddisfatti di aver potuto offrire la nostra collaborazione per uno studio così importante». Allo studio si è dedicato un Gruppo multidisciplinare, di cui fanno anche parte uno psichiatra formatosi nel primo Centro Mondiale a Ottawa, Federico Amianto e il fisico e psicologo clinico Federico D’Agata. Per selezionare il campione tra le oltre 80 ragazze arrivate al Centro, i ricercatori hanno dovuto prendere in considerazione diversi indici la cui presenza doveva essere concomitante: massa corporea tra 15 e 18, età compresa tra 16 e 30 anni, diagnosi certa, assenza di deficit cognitivi, nessun precedente intervento terapeutico con farmaci o psicoterapia; inoltre i soggetti non dovevano essere mancini né troppo miopi. Spiega Federico Amianto: «Sono state selezionate circa un terzo delle ragazze che si sono presentate; dopo le esclusioni delle minori e di altre 20 che hanno rinunciato per diversi motivi, si è pervenuti al campione di 10 ragazze. Tra questi casi 3 hanno terminato il percorso con esiti più che soddisfacenti, 5 lo stanno ultimando e 2 sono state appena reclutate. Il trattamento non ha portato alcun effetto collaterale e consentito un netto miglioramento dell’indice di massa corporea». Aggiunge Fassino: «L’esordio dell’anoressia nervosa interessa pazienti tra i 14 e i 15 anni, spesso anche di 12 e tende a cronicizzarsi. Lo studio condotto si è posto l’obiettivo di facilitare la cooperazione tra paziente, gruppo curante e famiglia». C’è una fragilità del Sé, che porta le ragazze a spostare la propria inadeguatezza sul corpo e a patire una carenza affettiva. Il Centro ha individuato alcuni circuiti del cervello pertinenti il Sé, constatando una perdita di massa e di funzionalità del cervello nei casi di anoressia nervosa, con conseguente alterazione dei meccanismi di attaccamento. Federico D’Agata: «La stimolazione magnetica transcranica ha l’obiettivo di intervenire direttamente sul cervelletto, che è più facilmente raggiungibile, per attivare o parzialmente disattivare alcune zone. Questa parte del cervello infatti è una delle aree più interessate dalla malattia. La tecnica è già utilizzata abitualmente in USA anche per curare la depressione, soprattutto in pazienti resistenti alla terapia farmacologica». Conclude Gianni Bonelli, direttore generale della CN1: «Ringrazio la Fondazione CRC che ci è sempre molto vicina. Questo contributo alla ricerca è importante, perché ci consente di guardare al futuro con più serenità, di fronte a risultati confortanti per combattere malattie complesse e cronicizzanti come l’anoressia». Lo studio proseguirà, magari su un campione più numeroso e non si esclude anche di esplorare il campo della stimolazione elettrica.