
Tra le raccomandazioni individuate nel documento del Comitato Nazionale di Bioetica quella che invita ad un “progressivo aumento delle competenze interculturali degli operatori del Ssn e un’adeguata valorizzazione, all’interno dei percorsi formativi universitari rivolti ai futuri medici e professionisti della salute, delle Medical Humanities e di studi e ricerche riguardanti la relazione terapeutica in una prospettiva interculturale”.
Sviluppare celermente adeguate modalità di contabilizzazione e rendicontazione delle spese effettivamente sostenute dal Ssn per la salute della popolazione immigrata irregolare; Istituire un dividendo sulle risorse degli stati maggiormente industrializzati, da versare su un fondo istituzionale destinato ai paesi più poveri; rafforzare l’impegno a favore dell’educazione sanitaria, anche potenziando le funzioni di alcuni servizi, come i consultori familiari e i servizi di salute mentale; aumentare le competenze interculturali degli operatori del Ssn e un’adeguata valorizzazione, all’interno dei percorsi formativi universitari rivolti ai futuri medici e professionisti della salute, delle Medical Humanities e di studi e ricerche riguardanti la relazione terapeutica in una prospettiva interculturale; aggiornare i codici deontologici degli Ordini professionali con espliciti riferimenti al dovere da parte del professionista di tenere conto delle differenti identità culturali di appartenenza dei pazienti. Queste alcune delle raccomandazioni finali contenute nel documento del Comitato Nazionale di Bioetica “Immigrazione e Salute”. Il parere, dedicato appunto al dedicato al rapporto tra immigrazione e salute, è stato approvato all‟unanimità nella seduta plenaria del 23 giugno scorso. “Attingendo a una serie di dati circostanziati, da quelli di carattere epidemiologico a quelli sul numero degli sbarchi sulle coste italiane, il parere” spiega il Cnb “richiama innanzitutto l‟attenzione sull‟emergenza che sta mettendo a dura prova la sostenibilità, non solo finanziaria, delle varie misure lodevolmente approntate negli ultimi anni dall‟Italia per gestire il flusso migratorio, dalle fasi del salvataggio in mare e della prima assistenza all‟accoglienza diffusa nei vari comuni del Paese. Il fenomeno non viene però qui considerato solo in quest‟ottica, di natura più emergenziale: vi è infatti anche un‟immigrazione che oramai si è radicata ed è divenuta permanente, prova ne sia che gli stranieri residenti in Italia sono oltre 5 milioni e nel corso del 2015 ben 178.000 sono diventati cittadini italiani”. “Il focus del parere” si legge nel documento “può essere individuato nella tutela della “salute”, principio scolpito nell‟identità costituzionale italiana come diritto sociale, ossia come bene della persona e della collettività, da garantire, nel suo contenuto essenziale e senza discriminazioni, a chiunque si trovi sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatto che le persone siano giunte nel nostro paese in modo regolare o meno, che siano irregolari, profughi, richiedenti asilo o cosiddetti migranti economici. Il parere sviluppa poi alcune considerazioni basilari, che possono essere così sinteticamente riassunte:
a) vengono rimarcati un dato e un aspetto tanto rilevanti quanto spesso ignorati, circa le conseguenze psicologiche delle vicende che portano i migranti in Italia, spesso costretti a subire violenze e altre forme di trattamenti disumani e degradanti. In altre parole, il problema si presenta frequentemente sotto il profilo della salute mentale o psicologica, che pure è inclusa nel concetto di salute, ma che di solito non è oggetto della dovuta attenzione. In tal senso, uno sguardo particolare è rivolto alle persone, come donne e bambini, che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità (paragrafo 3);
b) quanto alla salute fisica, sebbene i dati epidemiologici non siano particolarmente preoccupanti, va ricordato che una ospitalità del migrante in termini di tutela della sua salute non può essere disgiunta dall‟affermazione di un principio di solidarietà operante anche in senso inverso, ossia quale fonte di doveri per lo stesso migrante di partecipare alle forme essenziali di tutela della salute collettiva, sottoponendosi a quelle indagini diagnostiche e a quelle profilassi che sono indispensabili per tenere sotto controllo ed estinguere
eventuali focolai di epidemia;
c) infine una riflessione è dedicata alla relazione di cura e alla necessità che questa si sviluppi in un‟ottica interculturale (paragrafo 4), senza per questo rinunciare a una comprensione della salute compatibile con il servizio pubblico e con la sua salvaguardia, il più possibile ampia.