
In corso a Firenze il 2° Congresso Internazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita. In Italia si registrano oltre 97mila trattamenti di Pma all’anno, di cui poco meno di 6000 sono quelli di eterologa. Tra il 12 e il 14% delle coppie in età riproduttiva ricorre alla procreazione assistita e un bambino su trenta nasce oggi grazie a queste tecniche.
In Europa, l’Italia è tra i fanalini di coda in fatto di procreazione medicalmente assistita con donazione di gameti. Principalmente per una mancanza di informazione e di sensibilità sull’argomento, ma in parte anche per una questione economica. L’Italia, infatti, è uno dei pochissimi paesi europei in cui non è previsto alcun rimborso per donatori di liquido seminale e donatrici di ovociti. Come noi soltanto Austria e Romania. Tale rimborso non è da intendersi come una retribuzione vera e propria, bensì serve a compensare le spese sostenute e il tempo dedicato alla procedura di donazione, che è lunga e complessa, soprattutto per le donatrici di ovociti. Nonostante le controversie normative legate alla Legge 40 e alle sue successive modifiche, la tendenza in Italia negli ultimi anni evidenzia una sempre maggiore richiesta di queste metodiche. Nel nostro Paese un bambino su trenta nasce grazie alle tecniche di Pma e oggi in Italia vengono eseguiti più di 97000 trattamenti di Pma l’anno, di cui 6 mila sono quelli di eterologa. Un numero destinato a salire data l’età sempre più alta degli aspiranti genitori, che fa si che la popolazione di coppie in età riproduttiva debba ricorrere alla procreazione assistita nel 12-14% dei casi. Per questi motivi, molto c’è ancora da fare, a partire da una maggiore sensibilizzazione alla donazione. È questo in sintesi il quadro delineato in occasione del 2° Congresso Internazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita, organizzato da Luca Mencaglia, Presidente Fondazione Pma Italia, Medico Specialista in Ginecologia e Ostetricia e Direttore Unità Operativa Complessa Centro Pma Usl sud-est Toscana, in corso a Firenze. «Uno studio condotto dalla Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (Eshre) su donatrici di ovociti provenienti da diversi Paesi europei ha mostrato che la motivazione principale che le spinge a donare è l’altruismo nei confronti di coppie che altrimenti non potrebbero avere figli. – spiega Luca Gianaroli, Vice-Presidente Fondazione Pma Italia e Direttore Scientifico Sismer – Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione (Bologna) – La motivazione prettamente economica nella maggior parte dei casi è secondaria, anche perché i rimborsi previsti in quasi tutti i Paesi consistono in cifre limitate, calcolate esclusivamente per compensare il tempo e i costi dedicati al complesso percorso della donazione». «In Italia, l’assenza di una rete nazionale per la donazione ha conseguenze gravi – spiega Gianaroli – in quanto per far fronte alla domanda crescente di questo tipo di trattamenti, i Centri sono costretti a importare ovociti e spermatozoi da criobanche estere. Solo nel 2016, ad esempio, sono stati importati più di 6000 criocontenitori di ovociti e più di 3000 criocontenitori di liquido seminale, per una spesa stimata di circa 20 milioni di euro. Il ricorso a criobanche estere, inoltre, limita il controllo dei Centri sul materiale biologico, sulle condizioni di trasporto e può sollevare. problematiche legate all’introduzione di patrimoni genetici diversi da quello italiano».