
Ora che le cose vanno un po’ meglio, che il numero giornaliero dei guariti supera quello dei nuovi contagiati e ci consente di sperare nella progressiva remissione della pandemia, vorrei soffermarmi su un dato poco considerato: il numero dei morti.
di Giovanni Monchiero*
Sino ad oggi, il coronavirus ha causato la morte di 58.038 persone, meno del 9% del totale dei morti dell’anno scorso. Questo dato, che sembra confortare le tesi di minimizzatori e negazionisti, non è condizionato dal numero di tamponi effettuato né dalla attendibilità della diversa tipologia di esame. Merita, quindi, qualche riflessione.
Ebbene l’Italia, in una potenziale classifica delle vittime del Covid-19 in rapporto al numero degli abitanti, si colloca ai primi posti nel mondo. Con 96 morti ogni 100.000 abitanti, è terza , dopo il Belgio che ne conta 148 e la Spagna, 98.
I tanto vituperati Stati Uniti, che i nostri telegiornali continuano a descrivere come ilpaese più colpito dall’epidemia, sono solo quinti, con 83, dopo il Regno Unito che ne conta 89. Eppure hanno un sistema sanitario non universalistico che tende a trascurare le fasce più povere della popolazione e, nella lotta contro il virus, sono stati guidati da un presidente negazionista, che litigava quotidianamente con i suoi stessi consulenti, andava ai comizi senza mascherina e ha fatto del rifiuto di indossarla una dichiarazione di appartenenza politica e di rivolta del popolo contro le élite.
È, ovviamente, opportuno dare un’occhiata ai migliori. Limitiamoci pure ai paesi dell’occidente con i quali siamo soliti confrontarci. Il dato più positivo è quello della Danimarca: 14 morti ogni 100.000 abitanti, un settimo dei nostri! Segue la Germania con 21, il Canada con 33 e Israele con 34. Il grosso dell’Europa va a crescere, dai 39 dell’Austria (attualmente in lockdown), ai 56 dell’Olanda, ai 59 della Svizzera, ai 70 della Svezia (che ha adottato i provvedimenti meno restrittivi), ai 79 della Francia.
Gioverà ricordare che l’Italia, specie nella prima fase, non è stata colpita in modo uniforme. La Campania, attualmente in zona rossa, ha avuto sino ad oggi solo 31 morti ogni 100.000, la Toscana 74, la Puglia, che vede il contagio in preoccupante crescita, 34. Le Regioni del Nord hanno dati da record: 81 il Veneto, 150 il Piemonte, 163 la Liguria, 224 la Lombardia.
Si è tentato di spiegare il fenomeno con la particolare anzianità della nostra popolazione, ma la differenza con gli altri paesi europei non è tale da giustificare questi numeri. Ha certamente avuto un grosso peso la capacità di intervento dei governi e, ancor, più la disponibilità al rispetto delle regole. I tedeschi sono certamente più disciplinati dei Belgi, ma non si può dire che la politica permissiva della serissima Svezia sia stata coronata dall’atteso successo.
Temo che le spiegazioni sociologiche si fermino qui, e che si debba chiamare in causa l’efficacia delle organizzazioni sanitarie e i metri di valutazione sino ad oggi utilizzati. Nelle classifiche internazionali (Oms, Ocse) il Servizio Sanitario Nazionale è sempre stato considerato fra i migliori del mondo, con la Francia stabilmente al primo posto. Ebbene, nonostante la rigorosa politica di Macron, i risultati della Francia sono molto più vicini ai nostri che a quelli della Germania.
I morti ci dicono che il nostro sistema sanitario ha delle criticità gravi. Non possiamo far finta di non sentire.
*Già direttore generale dell’Asl 18 e dell’azienda ospedaliera “San Giovanni Battista” di Torino, è stato commissario dell’Asl CN1 e CN2 e presidente nazionale della Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). È stato presidente della I Commissione Affari Costituzionali e Membro Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.