
Ritmi biologici stabili sono alla base di una condizione di salute, ma esiste una serie di fattori in grado di desincronizzare i ritmi circadiani, quali la sindrome da fuso orario, il lavoro a turni, il cambio dell’ora legale e l’esposizione notturna alla luce. La cronobiologia può interferire sulla salute dei lavoratori
di Roberto Manfredini*, Paolo Mascagni°
La cronobiologia è la disciplina che si occupa dello studio dei ritmi biologici, presenti in ogni organismo vivente sulla terra e, a seconda della lunghezza del loro ciclo, classificati in circadiani (periodo di circa 24h), ultradiani (periodo <24h) e infradiani (periodo >24h). I primi sono i più studiati, e nel 2017 il premio Nobel per la Medicina e Fisiologia è andato a Jeffrey Hall, Michael Rosbash, e Michael Young, scopritori dei meccanismi di regolazione dell’orologio biologico. Da una parte, esiste l’orologio biologico principale, posto nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, prevalentemente regolato dalla alternanza luce-buio, dall’altra sono stati identificati numerosi orologi periferici, presenti nei vari organi ed apparati (cuore, apparato gastroenterico, rene, muscolo, ecc). Nonostante una importante quota del genoma umano risenta della regolazione circadiana, gli individui non sono tutti uguali, ed esiste una preferenza circadiana individuale (“cronotipo”), oggetto di studio di due ricercatori, Horne e Ostberg, che nel 1976 proposero una semplice autovalutazione mediante questionario, tuttora largamente utilizzato (Morningness-Eveningness Questionnaire, Meq). Si vengono ad identificare tre cronotipi principali: mattutino (allodola) più attivo nella prima parte della giornata, serale (o gufo), che predilige le ore serali e notturne, ed intermedio (il più frequente). Il cronotipo non è fisso nel corso della vita, ma si modifica con età, abitudini sociali e lavoro. Ritmi biologici stabili sono alla base di una condizione di salute, ma esiste una serie di fattori in grado di desincronizzare i ritmi circadiani, quali la sindrome da fuso orario, il lavoro a turni, il cambio dell’ora legale e l’esposizione notturna alla luce.
Sindrome da fuso orario
Uno spostamento rapido attraverso diversi fusi orari espone l’individuo a uno sfasamento dell’orologio biologico interno (non più allineato con l’orario del Paese di arrivo). La desincronizzazione dei ritmi è transitoria, di durata variabile anche in base a lunghezza e direzione del volo (est/ovest), e si presenta con disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, irritabilità, depressione, disorientamento, disturbi gastrointestinali.
Lavoro a turni
Da sempre, l’alternanza luce-buio ha scandito per gli esseri viventi anche l’alternanza attività-riposo. L’avvento della luce artificiale, un paio di secoli fa, ha operato un grande sconvolgimento per l’Uomo, consentendo di di illuminare gli ambienti in maniera totale anche di notte, con la possibilità di lavorare sull’intero arco delle 24 ore. Ne consegue che il lavoro a turni, in particolare con turni notturni, può produrre un disallineamento tra l’orologio interno e l’ambiente esterno, potenzialmente associato a disfunzioni fisiologiche fino a vere e proprie patologie quali, tra l’altro, malattie metaboliche e cardiovascolari.
Cambio dell’ora legale
Anche il cambio di ora legale, mini fuso orario caratterizzato da uno spostamento di una sola ora, può avere conseguenze negative sullo stato di salute. Sulla base di una serie di evidenze scientifiche, raccolte nel corso degli anni, nel 2019, la Commissione Europea si è poi espressa per l’abolizione dello scatto bi-annuale per il cambio dell’ora, dando indicazione ai singoli Paesi membri di scegliere quale delle due modalità (ora solare o legale) mantenere in maniera permanente. Pochi mesi fa, negli Stati Uniti, la Camera ha votato a grande maggioranza l’abolizione dell’ora legale, e la tappa successive sarà affidata al Senato.
Esposizione notturna alla luce
Nel 2010, il “pensionamento forzato” della lampadina a bulbo incandescente, sostituita dalla luce Led, più economica e potente, ha contribuito all’aumento esponenziale del suo utilizzo, a livello ambientale e domestico. Da una parte, il grado di inquinamento luminoso a livello mondiale ha raggiunto livelli altissimi, e si stima che la luminanza notturna aumenti tra il 2 e il 6% ogni anno.
D’altra, anche in ambiente domestico si registra un utilizzo sempre più crescente di dispositivi Led a luce blu (smartphone, Tv, tablet). La luce ha una azione di inibizione della secrezione di melatonina (l’ormone del sonno) più importante e duratura, rispetto alla luce artificiale, e se l’esposizione avviene nelle ore serali prima di dormire, le conseguenze sono ritardo nell’addormentamento, deprivazione di sonno, sonnolenza diurna, ansia, alterazioni del tono dell’umore, fino a patologie metaboliche e cardiovascolari.
L’orologio biologico può pertanto interferire con i turni di lavoro con numerose implicazioni: la modificazione del sonno, delle abitudini alimentari, l’influenza sul sistema cardiovascolare, sulla sfera endocrina e sul sistema nervoso. La desincronizzazione dell’orologio biologico dovuta alle necessità del lavoro, se non conosciute e gestite, può quindi alla lunga provocare le conseguenti patologie.
È il compito a cui è chiamato il medico competente nella sorveglianza sanitaria nelle aziende, individuando tempestivamente queste situazioni che rendono il lavoratore suscettibile di queste patologie, anche importanti.
*Professore Ordinario di Medicina Interna Università di Ferrara; Direttore dell’unità operativa complessa di Clinica Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Anna di Ferrara
°Presidente Comitato Scientifico Associazione Nazionale dei Medici d’Azienda e Competenti, (ANMA)