
Abbiamo intervisto l’Assessore alla sanità del Piemonte fresco di nomina nel Cda dell’Iss che si dice “onorato” e indica nel modello assistenziale territoriale e nella formazione i punti strategici per il nostro Ssn
C’è anche Luigi Icardi tra i componenti del nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) che si è insediato venerdì scorso. Si tratta di un prestigioso riconoscimento per l’ex sindaco di Santo Stefano Belbo, che dal 2019 guida la Sanità in Piemonte. Classe ‘61, cuneese, laurea in Gestione ed Economia delle Pubbliche Amministrazioni, Icardi vanta una lunga esperienza all’interno del sistema sanitario. Un bagaglio che risulterà prezioso nella sua nuova avventura istituzionale. A lui abbiamo rivolto alcune domande, ed ecco cosa ci ha risposto.
Assessore, lei è stato nominato nel Cda dell’Iss. Un riconoscimento per il grande lavoro che sta svolgendo per la sanità piemontese, i risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma anche una grande responsabilità.
Avere un ruolo in questa struttura significa partecipare alle dinamiche di orientamento delle politiche sanitarie nazionali sulla base di evidenze scientifiche, accanto al Ministero della Salute, alle Regioni e all’intero Servizio sanitario nazionale. Sono onorato di poter lavorare direttamente al fianco del presidente Silvio Brusaferro, con il quale avevo già maturato un ottimo rapporto di collaborazione durante l’emergenza pandemica, insieme agli altri componenti del Consiglio di amministrazione, tutti protagonisti di primissimo piano della Sanità italiana.
Quanto può essere importante portare la sua esperienza regionale in una cabina di regia tanto determinante?
Le Regioni svolgono un ruolo centrale e autonomo nell’organizzazione del servizio sanitario nazionale. Nei mesi più drammatici della pandemia, le differenze sono venute allo scoperto, ognuno ha reagito con gli strumenti e le potenzialità di cui poteva disporre. È una realtà che ho vissuto in primo piano, non solo come assessore alla Sanità del Piemonte, ma anche come coordinatore nazionale della Commissione Salute, nell’ambito della Conferenza Stato Regioni. Ho potuto rendermi ben conto sia delle criticità, sia delle straordinarie capacità del nostro Sistema sanitario. Credo che questo punto di vista possa contribuire costruttivamente al confronto all’interno del Consiglio di amministrazione dell’Istituto.
Lei ha guidato l’assessorato dal 2019, attraversando quindi la delicata fase pandemica. Cosa si porta dietro di quella emergenza?
Ricordo bene il ruolo determinante svolto dall’Istituto Superiore di Sanità nel pieno della burrasca pandemica. Per le Regioni che si trovavano ad affrontare l’emergenza in mare aperto, le circolari dell’Istituto sono state un faro che segna la rotta verso un porto sicuro. Gli ospedali piemontesi hanno saputo reggere all’urto devastante della pandemia, grazie al gigantesco sforzo del personale sanitario e al potenziamento in tempo reale delle strutture di assistenza, in primo luogo delle terapie intensive. Poi c’è stata l’arma vincente delle vaccinazioni e qui la nostra Regione si è distinta con una campagna ancora oggi da record a livello nazionale. Infine, nell’ultimo rapporto del Ministero sui Livelli essenziali di assistenza, il Piemonte risulta, proprio nel 2020, tra le migliori Regioni d’Italia per la medicina territoriale. Vuol dire che si è saputo fare squadra, su tutti i fronti”.
Il nostro sistema sanitario è una eccellenza (riconosciuta) ma chiaramente perfettibile. Quale a suo avviso il punto di forza su cui investire e quale, di contro, la criticità su cui cambiare passo velocemente?
Senza dubbio occorre riorganizzare e investire sul sistema di medicina territoriale, potenziando il modello assistenziale “territorio-ospedale-territorio” rivelatosi di fondamentale importanza e necessità durante la pandemia. Quanto alle criticità, credo sia necessario quanto prima mettere mano al sistema dell’offerta formativa, che deve essere legata ai reali bisogni della Sanità.
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