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A tu per tu con Chiara Sgarbossa

Chiara Sgarbossa
Quale lo stato di salute della Sanità digitale? Lo abbiamo chiesto a Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano. Con lei abbiamo delineato le tematiche più attuali

Iniziamo da una domanda difficile. Sanità digitale: a che punto siamo?
Siamo sicuramente in un momento di svolta nel processo di trasformazione digitale del sistema sanitario. A due anni dall’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), sono numerosi gli interventi tecnologici e normativi che stanno indirizzando il cambiamento della Sanità Italiana. La Telemedicina, in particolare, avrà un ruolo strategico nella riforma del territorio e nel potenziare l’assistenza domiciliare. Lo sviluppo della piattaforma nazionale di Telemedicina e delle piattaforme regionali ad essa integrate rappresenta una sfida fondamentale per i prossimi mesi. Il Pnrr, inoltre, enfatizza il ruolo dei dati in Sanità e la loro valorizzazione, che non può prescindere dal completamento del processo di digitalizzazione dei processi a livello ospedaliero e dallo sviluppo del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0.

Secondo il vostro ultimo report di passi avanti ce ne sono, ma non si vede ancora la ‘spinta’ che tutti attendevamo dal Pnrr. Partenza lenta o secondo lei occorre correggere il tiro?
Io vedo una partenza lenta per cui sono state messe le basi, attraverso nuove norme e linee guida che devono indirizzare le iniziative sul territorio italiano. Sulla base di questo, le aziende sanitarie e le regioni hanno costruito i propri piani di sviluppo e ora dovremo però passare velocemente all’execution, proprio perché il Pnrr ha dato delle scadenze a breve che dobbiamo rispettare, per poter ottenere i finanziamenti.

Quale il principale limite su cui si scontra la digitalizzazione del nostro Paese?
Fino ad oggi la principale barriera all’innovazione digitale in Sanità era rappresentata dalle risorse economiche insufficienti. Il Pnrr dovrebbe quindi abbattere questo tipo di ostacolo e consentire di sviluppare diverse progettualità che fino ad oggi non era stato possibile implementare. Rimane però un’altra importante barriera, che è quella legata alla limitata cultura digitale presente e alla mancanza di competenze digitali, elementi che frenano il cambiamento e l’adozione efficace di nuovi strumenti sia tra i professionisti sanitari sia tra i cittadini/pazienti.

Quali sono i punti di investimento digitale prioritari per le strutture del nostro Paese?
Le strutture sanitarie hanno indicato come principale ambito di investimento per il 2023 quello della cybersecurity. Negli ultimi mesi il settore sanitario è stato esposto, ancora più che in passato, a un gran numero di attacchi hacker ed emerge quindi la necessità di individuare vulnerabilità e minacce per le organizzazioni e assicurare la protezione da potenziali attacchi informatici.
Risulta strategico per le aziende sanitarie sviluppare soluzioni che garantiscano la raccolta e la valorizzazione dei dati, a partire dai sistemi dipartimentali (es. Lis, Ris/Pacs, ecc.) e dai sistemi che gestiscono le informazioni del percorso clinico del paziente come la Cartella Clinica Elettronica.  Inoltre, affinché i dati e i documenti prodotti presso le strutture possano confluire e alimentare i sistemi regionali e nazionali (es. Fascicolo Sanitario Elettronico), le aziende intendono sviluppare maggiormente i sistemi che permettono l’integrazione con le soluzioni a livello aziendale.

La Telemedicina rappresenta un punto di valore importante (per il sistema e per la semplificazione di numerosi processi), ma il rischio è ancora una volta che in Italia si proceda a macchia di leopardo. Esiste ancora uno sbilanciamento a carattere ‘regionale’?
Ad oggi la frammentazione dei progetti di Telemedicina è ancora presente. Non parliamo solo di sbilanciamenti a livello regionale, ma anche all’interno della stessa regione. Grazie al PNRR e allo sviluppo della piattaforma nazionale di Telemedicina, ci si pone proprio l’obiettivo di uniformare i servizi sul territorio nazionale e colmare il divario e le disparità ad oggi esistenti.

Di intelligenza artificiale si parla molto. Anche in negativo. Pensa che la prudenza che ancora molti, saggiamente, mantengono, potrebbe essere superata da un impianto regolatorio più preciso?
Sicuramente è utile e opportuno che esista un quadro regolatorio a cui far riferimento. E su questo il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, che dovrebbe essere approvato a breve, aiuterà a ridurre i potenziali rischi legati all’utilizzo non corretto e consapevole di questi strumenti. A questo proposito dovrà essere chiarita anche la responsabilità medica nel momento in cui si utilizzano questo tipo di soluzioni. Serve però anche un cambiamento a livello culturale anche da parte dei professionisti sanitari che avranno a disposizione queste tecnologie. Servirà far comprendere loro quali sono i benefici e i rischi di questi strumenti, per comprendere quando è opportuno e utile utilizzarli.

Voi premiate ogni anno progetti molto interessanti, ma il cliché vuole che in Italia sia sempre difficile produrre progetti tanto ambiziosi perché spesso mancano risorse e motivazioni. Le chiedo anzitutto se è vero e, eventualmente, se si può fare qualcosa?
Sicuramente non possono mancare i fondi per lo sviluppo di questi progetti. Tuttavia, ritengo che esistano altri due driver fondamentali per il successo dei progetti. Innanzitutto, serve il commitment da parte della direzione strategica dell’azienda sanitaria, che riconosca i benefici che il digitale può portare ai processi di cura e assistenza. Inoltre, è opportuno che ci sia una co-progettazione delle soluzioni assieme agli utenti (medici, infermieri, pazienti, ecc.) che favorisca poi l’utilizzo effettivo degli strumenti da parte loro.

Le faccio un’ultima domanda ‘di rito’. Oggi decliniamo (quasi) tutto con un ‘pre e post’ pandemia. Domanda diretta: come è cambiata, se è cambiata, la sanità post covid?
Penso che nel post covid sia cambiata la percezione rispetto al ruolo che il digitale possa giocare nel miglioramento del sistema sanitario. Un ruolo che è ormai diventato strategico e non più opzionale e accessorio. Questa nuova consapevolezza da parte dei decisori a livello nazionale, regionale e nazionale, ma anche da parte dei professionisti sanitari e dei cittadini/pazienti, dovrà però trasformarsi in azioni concrete e in nuove soluzioni e progetti che possano abilitare il cambiamento. E il Pnrr è assolutamente un’opportunità unica che dovrà consentirci di mettere in atto questa trasformazione.

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