
Con Americo Cicchetti, Direttore di Altems e Past president Sihta, abbiamo parlato di programmazione e di scelte spingendoci ad preconizzare quale impatto avrebbe l’utilizzo di un Health Technology Assessment (Hta) dei percorsi sul complesso mondo della cronicità
Parola d’ordine “programmazione”. Tema portante del Congresso della Società Italiana di Hta – Sihta di ottobre nonché una priorità indicata da più parti come passaggio indispensabile in questo momento di revisione, ripensamento, del Ssn. Siamo sulla strada giusto?
Io direi che stiamo individuando il percorso. C’è sicuramente la consapevolezza che l’attuale modello di programmazione, che è fondamentalmente basato su un meccanismo negoziale tra Stato le Regioni, non è il più adatto ad affrontare le sfide del Paese.
È invece oggi necessario, e lo sottolineano in molti, tornare a fare una vera e propria programmazione, il che vuol dire individuare gli obiettivi, definire di percorsi e identificare le risorse necessarie a raggiungerli.
Ora, tutto questo deve essere evidentemente concordato attraverso un percorso in qualche modo negoziale, ma va inquadrato in una cornice in cui gli obiettivi siano chiari per tutti.
L’idea che emerge oggi chiaramente è che tutte le iniziative che in questi anni sono state realizzate (i piani settoriali e i patti per la salute) debbano trovare una dimensione armonica all’interno di un quadro comune dal punto di vista della programmazione. Il percorso quindi è chiaro, e si sta delineando. Ora ci aspettiamo un’accelerazione tra qui e settembre (legata al percorso di definizione della legge di bilancio, ndr)
Una affermazione che mi piace sottolineare recita più o meno così: l’Hta è un promotore di sostenibilità. Un messaggio a mio avviso importante perché sottolinea come sia giusto spostare l’attenzione dalle logiche di costo a quello di investimento. Una cosa che l’Italia, storicamente, fatica a fare. Siamo pronti, secondo lei, a farlo. Ora?
Diciamo che abbiamo tutti gli elementi per poterlo fare. Bisogna anche dire che non stiamo partendo da zero e che in alcuni contesti, quello del farmaco ad esempio, l’abbiamo l’attitudine a promuovere l’innovazione di valore. Dobbiamo però fare degli enormi passi in avanti nel settore dei dispositivi medici, cosa che diventa indispensabile per uscire da quella trappola che ci ha portato a governare l’innovazione con il playback che non è assolutamente un modo per dare corpo all’idea di investimento e quindi di analisi del valore. La strada maestra è ancora una volta operare un’attenta programmazione, definire i bisogni e le risorse a disposizione in modo chiaro e puntuale.
Uno dei temi sui quali il Congresso Nazionale Sihta di ottobre entrerà nel merito è quello della cronicità (che è cruciale, lo sappiamo, soprattutto per gli indicatori che danno tutti i numeri in crescita esponenziale). Quale l’impatto dell’Hta?
Il medesimo di qualsiasi altro comparto del sistema sanitario, ma in questo caso è l’effetto ad essere maggiore perché sulla gestione delle cronicità si concentra la maggior parte delle risorse. Oggi quindi la possibilità di avere un modello di Hta robusto per affrontare le scelte legate alla combinazione delle tecnologie per gestire i pazienti cronici potrebbe avere degli effetti molto importanti per la sostenibilità del sistema. Forse c’è anche un’altra cosa da dire. La gestione di un paziente cronico mette insieme l’utilizzo di diverse tecnologie e competenze nell’ambito di percorsi e di team multidisciplinari, e qui l’Hta è l’unico approccio che permette di valutare, attraverso strumenti metodologici e analisi multidimensionali, quale sia l’effettivo impatto dei percorsi, ovvero della diversa combinazione delle metodologie. Tra l’altro, un ambito specifico di investimento che sta portando avanti Agenas è proprio l’Hta dei percorsi. Sarebbe infatti fondamentale avere contezza di quale siano i modelli di presa in carico più efficaci identificando in modo puntuale le migliori combinazioni possibili.
Si tratta quindi di favorire e coltivare una cultura dell’Hta?
Dopo più di vent’anni, la cultura dell’Hta comincia ad essere robusta e anche i clinici sono molto interessati a conoscere ed approfondire. Cosa diversa è chiederci se abbiamo sufficienti competenze tecniche per utilizzarlo in maniera massiccia. Ecco, su questo occorre indubbiamente investire ancora, perché il numero di persone da inserire nei gruppi di lavoro di Agenas, del Ministero della Salute, delle Regioni e dei nuclei regionali di Hta, non è ancora sufficiente. Quindi c’è da fare, certamente, un investimento sulle competenze tecnico-professionali. Il messaggio però è passato.
Ora abbiamo il Nuovo regolamento europeo e il Piano nazionale Hta che possono imprimere una nuova accelerazione?
Qui bisogna capire chi traina che cosa. Da un certo punto di vista, infatti, il programma europeo potrebbe senza dubbio favorire l’accelerazione del modello di Hta nazionale, ma dall’altro lato è anche vero il contrario: un programma nazionale di Hta per i dispositivi medici impostato in maniera robusta e convincente, opportunamente finanziato, può offrire un grande contributo a livello europeo. L’Italia è un grande Paese, e se unisce le forze con Francia e Germania battezzando positivamente il programma europeo, l’impatto potrebbe essere enorme. Ad oggi abbiamo tutto pronto a partire. Manca davvero poco.