Assieme a Lara Gitto, professoressa presso l’Università di Messina, economista sanitaria e componente del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana di Economia Sanitaria – AIES, abbiamo affrontato il delicato tema della sostenibilità del sistema delineando la necessità di promuovere una cultura diffusa e omogenea della valutazione economica e dell’Hta, che rivaluti il contributo che può essere fornito dagli economisti sanitari
Professoressa, partiamo da una visione di fondo: Hta come promotore di sostenibilità. Un concetto che porrei alla base del nostro ragionamento. La prima domanda è secca: lo abbiamo davvero capito tutti?
Si tratta di due concetti chiave che offrono un ventaglio di interpretazioni. Sostenibilità è divenuta la parola più citata negli ultimi tempi pur essendo stata coniata quasi trent’anni fa (il rapporto Brundtland, che per la prima volta ha parlato di sviluppo sostenibile con riferimento al contesto ambientale, è del 1987) . Il termine sostenibilità è stato variamente declinato, e oggi noi parliamo di sostenibilità con riferimento allo scenario sanitario, intendendo come sostenibile una situazione di benessere per la popolazione che sia perdurante nel tempo. La sostenibilità richiede obiettivi chiari e condivisi, in primo luogo misurabili. In questo, l’Hta è un meccanismo in grado di promuovere la sostenibilità, poiché aiuta ad individuare l’indicatore da privilegiarsi (ad esempio l’efficacia) e attribuisce un valore alle alternative considerate. In quest’ottica l’Hta si accompagna, anzi, promuove la sostenibilità.
Quale il principale contributo che una completa applicazione dei programmi di Hta apporterebbe al sistema italiano?
Come accennato prima, l’Hta attribuisce un valore a delle alternative che possono generare dei vantaggi per la salute. Si ha l’identificazione dei costi e dei benefici con maggiore chiarezza, un maggior coinvolgimento dei soggetti intorno ai quali ruota l’intero Ssn (pazienti, decisori clinici, terzo pagante, lo Stato ad esempio, le aziende farmaceutiche) in uno scenario in cui si hanno terapie innovative, efficaci ma costose.
Una cultura, diffusa e omogenea, dell’Hta. Ne parliamo da tempo e tutti concordiamo nel dire quanto questo rappresenterebbe un cambio di passo per il governo del sistema sanitario, ma in Italia le Regioni ancora procedono in ordine sparso. Come superare questo stallo?
Ricordiamo che, in Italia, un modello di sanità regionale è stato promosso con l’intento di salvaguardare le specificità territoriali; il risultato dovrebbe essere quello di ottenere un più attento monitoraggio dei bisogni regionali.
Il rischio, però, è che si proceda a velocità diverse per la valutazione di tecnologie emergenti da inserire nei percorsi clinici. Penso ai farmaci innovativi per patologie croniche che non vengono inclusi nei prontuari farmaceutici regionali nello stesso momento, per cui dei farmaci potranno essere disponibili in alcune regioni prima di altre, e i pazienti potranno essere avviati ad un percorso terapeutico per loro vantaggioso se risiedono in una determinata regione nel cui prontuario farmaceutico il farmaco risulta incluso. Da qui si coglie la necessità che la cultura alla base di Hta sia omogenea e non vi sia un accesso differenziato alle terapie.
Componente del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana di Economia Sanitaria – AIES, Gitto è professore in Economia Politica e ha svolto attività di ricerca presso il CEIS-EEHTA dell’Università di Roma “Tor Vergata” dal 2006 al 2018 su temi di economia sanitaria. Pressol’Università degli Studi di Messina è docente di Economia dei Sistemi Turistici – corso di laurea magistrale in “Innovazione, Imprenditorialità e Turismo”, Dipartimento di Economia. Economia Politica – cdl “Scienze Politiche e delle “Relazioni Internazionali” – Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche. Economia Politica – corso di laurea magistrale in “Scienze delle pubbliche amministrazioni”, Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche. Health Economics – dottorato di ricerca in Economics, Management and Statistics, Università di Messina e di Catania.
Certamente servono le regole (che oggi prendono corpo) ma anche formazione e informazione. Quale a suo avviso il prossimo step su cui investire?
Come ha rilevato nella domanda precedente, occorre promuovere una cultura diffusa e omogenea della valutazione economica e dell’Hta, rivalutando il contributo che può essere fornito dagli economisti sanitari, ma per fare questo occorre investire nella formazione perché si abbia informazione.
Ho notato spesso, svolgendo dei corsi di aggiornamento diretti ai medici, come proprio questi ultimi non conoscano i presupposti della valutazione economica, e trascurino i benefici che potrebbero ottenersi in un contesto caratterizzato da incertezza come quello sanitario. Una maggiore formazione conduce ad un’informazione più attenta e al sapere distinguere e riconoscere le priorità.
Ci aiuti un istante a scattare una fotografia dello stato dell’arte. Tetti di spesa (obsoleti), una scarsa programmazione, provvedimenti settoriali e un progressivo (e incalzante) aumento di bisogni di una popolazione che si cronicizza (e che giustamente chiede garanzie di accesso alle tecnologie e ai farmaci più innovativi). Un groviglio di difficile soluzione. Cosa facciamo?
È un quadro critico, ma non irrecuperabile! Non dobbiamo sottovalutare che, in uno scenario europeo, l’Italia, anche se deve ancora percorrere una lunga strada per superare le criticità di cui abbiamo parlato per quanto riguarda l’applicazione di Hta (differenze regionali, difficoltà nell’accesso ai prodotti innovativi, valorizzazione dell’innovazione procedure lunghe e farraginose), è ad un livello di eccellenza per quanto riguarda l’elaborazione scientifica e la qualità degli studi accademici.
Si parla molto di un Hta dei modelli organizzativi come prezioso strumento per governare le esigenze del prossimo futuro. A che punto siamo?
Il riferimento a modelli organizzativi più efficienti come obiettivo da raggiungere nel prossimo futuro è emerso negli ultimi anni dopo aver conosciuto l’emergenza pandemica da Covid19. Il sistema sanitario può fronteggiare una crisi come quella degli ultimi anni, ma occorre potenziare l’integrazione tra i servizi sanitari.
Un ruolo importante spetterà anche alla digitalizzazione: la sanità digitale e una comunicazione efficace saranno delle realtà nei prossimi anni, a questo proposito, il nuovo regolamento europeo Hta prevede specificamente che la Commissione predisponga e mantenga una piattaforma informatica per lo scambio di informazioni tra gli stakeholders, garantendo adeguati livelli di accesso alle informazioni contenute nella stessa piattaforma.
Il prossimo autunno tornerà l’appuntamento con il congresso Sihta. Tante le questioni da dibattere in un momento in cui tutti chiedono di programmare il futuro della Sanità che sia in linea con i prossimi bisogni del Paese. Quale il primo punto che metterebbe all’ordine del giorno?
Il titolo del XVI Congresso Nazionale Sihta “Hta è Programmazione. Professionisti, Tecnologie, Organizzazione”. Già nel titolo sono evidenti i ruoli che dovranno svolgersi da parte delle istituzioni e degli operatori sanitari alla luce del nuovo contesto istituzionale (due sono le principali innovazioni normative: il Regolamento Europeo dell’Hta, a cui abbiamo accennato e la Riforma dell’Aifa).
Saranno ovviamente affrontati i temi legati ai modelli organizzativi e gestionali, senza trascurare gli aspetti metodologici.
Tra i temi affrontati potremmo citare Assistenza Sanitaria Primaria fra transizione demografica e trasformazione digitale, Regolamento Europeo Hta, Prevenzione e cronicità. Ecco, al primo punto all’ordine del giorno, metterei quest’ultimo argomento. In una società che va progressivamente invecchiando, in cui la natalità, al contrario, va diminuendo, dove vanno emergendo nuovi bisogni sanitari, la sfida per la medicina moderna (e, conseguentemente, per l’Hta), più che essere la medicina d’urgenza diventa la cronicità.