
Dai Farmacisti ospedalieri vi è un contributo convinto, e costante, alla formazione di una cultura diffusa di health technology assessment. Di questo e di molto altro abbiamo parlato assieme a Arturo Cavaliere, Presidente Sifo.
Il farmacista ospedaliero e dei servizi territoriali è una figura chiave per lo sviluppo dell’Hta. Quale il suo contributo alla formazione di una cultura omogenea di Hta in Italia?
La nostra professione ha competenze così vaste e “strategiche” per tutto il Ssn, che per noi è inevitabile pensare allHta come parte della nostra mission. Abbiamo competenze gestionali, economiche, tecnico-cliniche ed amministrative che ci pongono al centro dei percorsi valutativi sia di farmaci che di dispositivi medici e quindi l’Hta è al cuore del nostro lavoro quotidiano, anche perché il budgeting è argomento che non perdiamo mai di vista. Posta questa premessa direi che è la nostra stessa azione di farmacisti ospedalieri e dei servizi territoriali ad essere un contributo costante alla creazione di una cultura diffusa di health technology assessment. Devo poi sottolineare che Sifo ha avviato da anni il suo Laboratorio Hta, un team di riflessione e proposta che ha come obiettivo la promozione della metodologia dell’Hta, finalizzandola alla creazione di un linguaggio comune tra le varie professioni ed all’interno della nostra società, soprattutto verso i professionisti più giovani. Anche con questo laboratorio abbiamo l’obiettivo di favorire lo sviluppo di una cultura e di una metodologia di valutazione delle tecnologie – sia del farmaco che dei dispositivi come parte integrante e qualificante le normali attività del farmacista. Da ultimo ricordo che il nostro impegno nei Congressi annuali è quello di creare sempre delle sessioni specifiche dedicate all’Hta: anche nel nostro Congresso 2023 abbiamo registrato quattro sessioni dedicate all’argomento e una di queste era proprio incentrata sul nuovo regolamento europeo Hta che entrerà in vigore da gennaio 2025.
Quale l’impatto del nuovo regolamento Ue sul sistema nazionale di valutazione dei farmaci e Md?
Propongo una riflessione su più piani. Prima considerazione: in questi anni l’Unione europea sta mettendo a punto, approvando e facendo entrare in vigore una serie di Regolamenti e Direttive davvero importanti, tra cui quelle sui Medical Devices, sui Dispositivi in vitro, sulla sperimentazione clinica e sui medicinali. La direzione di marcia europea è chiara: stanno cambiando gli scenari terapeutici, le organizzazioni, sta procedendo a passi velocissimi la ricerca, e quindi l’Unione europea (sia come comunità sociale, che come ambito sanitario sovranazionale, che come mercato unico) si sta attrezzando offrendo terreni comuni di azione, organizzazione, distribuzione e vigilanza. Un secondo piano è quello che riguarda direttamente la riforma dell’Hta. La Commissione europea sta proponendo un approccio incentrato sul paziente, che sostenga allo stesso tempo un’industria innovativa e competitiva. La valutazione che offriamo è precisa su entrambi i piani: ben venga l’azione europea, purché il nostro Paese sia in grado di entrare in sintonia con le norme, senza esserne penalizzato dal punto di vista socio-sanitario e produttivo. È quindi essenziale che l’Europa sappia gestire in modo organico e armonico i passaggi importanti che Regolamenti e Direttive desiderano realizzare. E ben venga anche il Regolamento Hta, se questo consentirà anche in Italia di raggiungere un livello più omogeneo territorialmente di disponibilità e di accesso all’innovazione. Il Regolamento porterà un’impostazione basata sul valore terapeutico e sugli standard of care: non possiamo che essere positivi, sperando che questo possa avvenire a vantaggio dei pazienti e dei cittadini, superando la purtroppo ormai tradizionale “macchia di leopardo” della regionalizzazione. Certo questo porterà anche nel nostro Paese all’identificazione di un’Agenzia definitiva di riferimento Hta, ruolo che ad oggi è ricoperto dall’Agenas.
La riforma dell’Aifa è una domanda obbligata. Le chiedo un suo giudizio e se c’è un aspetto che la preoccupa?
Le rispondo con un ragionamento di sistema. Negli anni il rapporto della nostra Società Scientifica con l’Agenzia del Farmaco è diventato stretto, utile, continuo. Ci siamo trovati a dialogare con i vertici dell’Aifa su progetti di vario tipo, tra cui quelli (ancora in corso) sulle carenze e indisponibilità dei farmaci; abbiamo poi strettamente collaborato nel periodo critico della gestione vaccinale del Covid.19, quando come Sifo abbiamo prodotto le Istruzioni operative in collaborazione con Sifap. Poi abbiamo firmato un protocollo di collaborazione che riguarda importanti aree di attività, dalle analisi delle politiche di acquisto e di distribuzione dei farmaci, alle gare di acquisto e alla revisione del Prontuario della continuità Ospedale-Territorio. Tutto questo ci fa dire una cosa: la relazione con l’Agenzia è stabile, anche in periodi in cui sono cambiate i vertici dell’agenzia. Siamo certi che la riforma saprà tener conto delle positività esistenti ed eventualmente migliorare la governance e le attività di Aifa, il tutto a favore della sua strategia e operatività. E noi saremo sempre pronti ad una collaborazione di cui il Ssn non può fare a meno.
Il prossimo ottobre tornerà l’appuntamento con il congresso Sihta. Tante le questioni da dibattere in un momento in cui tutti chiedono di programmare il futuro della Sanità che sia in linea con i prossimi bisogni del Paese. Quale il primo da mettere in agenda?
Stanno già arrivando terapie sempre più innovative e sempre più costose, che chiedono anche modelli organizzativi differenti. Ormai non possiamo più parlare di “farmaco e sua prescrivibilità”, bensì dell’inserimento di terapie avanzate all’interno di meccanismi di presa in carico sempre più complessi e personalizzati. Inoltre la necessità di integrare maggiormente la presa in carico sul territorio, seguendo l’impostazione del Dm77, ci obbliga a pensare in modo nuovo all’assistenza sanitaria e socio-sanitaria. In questo scenario il messaggio dei farmacisti ospedalieri al sistema sanitario, alla politica sanitaria, alle istituzioni ed a Sihta è molto semplice: non perdiamo tempo, è urgente disegnare un futuro della sanità italiana che tenga conto dei dati di cronicità, dell’invecchiamento della popolazione, dello sviluppo della ricerca, dell’importanza dell’assistenza di prossimità, dell’ingresso di terapie avanzate e del ruolo delle professioni in tutto questo. Procedere per compartimenti stagni sarebbe un errore imperdonabile.